Sono in viaggio lungo una di quelle statali americane che attraversano il deserto. Un cuneo civilizzato che si immerge tra cespugli secchi, cumuli di sabbia e pian piano affoga tra le enormi rocce che si impongono all’orizzonte. Mi trovo sul sedile anteriore di una Mustang blu ormai sporca e affaticata per i km macinati sotto l’intemperanza del sole, saranno circa le 2 del pomeriggio, il cofano crepita e la benzina inizia a calare inesorabilmente. Lo so, molti di voi staranno pensando che è sempre la solita solfa, la storia a lieto fine di uno sciroccato che si è fatto prendere un po’ troppo dai film americani, non vi contraddico e probabilmente vi darà proprio questa impressione ma intanto, continuate a leggere. Dopo questa digressione un po’ scorretta, riprendo posto sul mio sedile sudato e torno ad indossare i Ray-Ban neri lasciati sul cruscotto. Passato qualche minuto, e qualche altro chilometro, finalmente mi ritrovo nei pressi di un isolato distributore di benzina , nato probabilmente per dare pace alle urla spente di quelle anime sprovvedute che non avevano previsto le insidie della traversata. Il distributore è insabbiato e logoro,ed è ormai parte del deserto e, se non emanasse ancora qualche goccia di vita, sarebbe impossibile distinguerlo dalle altre rocce. Oltre al distributore c’è una casetta su due piani, al primo un piccolo negozio davanti al quale campeggia uno scaffale girevole pieno di cartoline e, più in alto, quello che sembra un appartamento. Mi fermo di fianco a una delle pompe rosse, scendo dal mio cavallo di razza sfinito e non posso fare a meno di notare che sulla veranda, seduto su una cadente sedia di legno scuro, c’è un vecchio con un cappello da cowboy di quelli tanto usati nei film del grande Sergio Leone. Indossa una salopette di jeans malandata che nasconde in parte una dozzinale t-shirt di cotone che in origine doveva essere bianca. Ha il viso sciupato dal sole e la bocca fa da contorno a un sigaro consumato che diffonde una piccola scia di fumo, rendendo il vecchio ancora più curioso. Vengo subito colto da un sentimento di pietà nei suoi confronti e inizia a scorrere nella mia testa il film della sua vita. Probabilmente vive in quella casa da sempre, i suo secondi sono scanditi solo dal passaggio di qualche rosa di Gerico trascinata dal vento e i suoi contatti col mondo son limitati a qualche passante come me o a brevi colloqui con qualche rude camionista che gli fornisce la merce. E’ sicuramente un giudizio affrettato, e infatti riguardando il vecchio, scorgo nel suo viso una stonata tranquillità. Man mano che lo osservo sento crescere in me un certo disagio, non riesco a togliermi dalla testa la convinzione che la sua vita, confinata in quel piccolo angolo di mondo, sia stata triste e vuota. La sua aria appagata e senza rimpianti è un raschietto muto che tenta di sgretolare le futili convinzioni con le quali fui marchiato dal giorno in cui nacqui tra i grattacieli. Non ho ancora fatto benzina ma, incuriosito, mi avvicino al vecchio. Non mi degna di uno sguardo, è sicuramente perso in qualche viaggio, si vede che nei suoi occhi brilla la luce del sognatore. Decido di non intromettermi quindi entro nel negozietto, sperando che questo lo distolga dalle sue riflessioni. Il negozio è più angusto di quel che avevo immaginato, impolverato, e le assi di legno scricchiolano sotto il mio passo stanco. Noto vari gadget tipici della zona e una grande bandiera americana risalta appena al di sotto di una targhetta commerciale della coca-cola, una di quelle in alluminio che si vedono spesso sui muri pallidi di qualche bar di periferia. Un piccolo altoparlante nell’angolo destro della stanza suona una canzone country che non conosco, ma che si adatta perfettamente allo scenario mettendolo in movimento. Ogni elemento è disposto in maniera ineccepibile seppur il caos la faccia da padrone , anche quel cactus in plastica vicino alla cassa che suona la chitarra, è bizzarro certo, ma si incastra perfettamente tra gli altri elementi del quadro. Prendo due bacchetti di carne secca e un pacchetto di Marlboro e attendo che il vecchio si accorga della mia presenza. Non c’è nulla che mi tormenti in quel momento, anche il caldo e la paura di non finire quel viaggio, sono spariti. Continuo a vagare con lo sguardo che cade disinteressato su un elenco di nomi, alcuni dei quali sono cancellati con una riga ma non trovo la curiosità per leggere e mi lascio cullare dalla musica cadendo in uno stato di trance catatonica. Ad un tratto vengo risvegliato dal cigolio della porta che diventa sempre più forte culminando in un rumore sordo e innaturale.
Finalmente il vecchio è entrato.
ITALIA, TRA TECNICI E PREDICATORI
Dico la verità, ero un po’ scettico sul fatto di inaugurare il mio blog con un post che affrontasse argomenti politici e sociali, ma visto che è troppo facile basare il proprio pensiero esclusivamente su una banale comicità, ho scelto, per questa volta, di affrontare un tema al tempo stesso difficile e interessante, accollandomi tutti i rischi che ciò può comportare. Ci sarà certamente tempo per mostrare e approfondire il mio feeling con le cazzate e per farvi leggere le storie più improbabili che si snodano nel labirinto della mia personalità. Le mie mattine in questo periodo esente da lezioni, hanno pian piano iniziato a delinearsi secondo uno schema ben preciso. Mi sveglio presto, con mia madre che emette versi improbabili, e dopo il breve colloquio col mio grande amico caffè (in cui lui finisce sempre per sparire senza neanche salutare), inizio a farmi bombardare dall’enorme numero di informazioni che mi arrivano dal mondo, attraverso una rete che pian piano inizia a stritolarmi. Come al solito mi trovo a girare tra blog o giornali per tentare di non affondare nella merda innevata che ci propina la nostra tv in questo periodo. E come non potrei parlare del tanto discusso “posto fisso” , un argomento che mi preme affrontare in veste di diretto interessato. Il messaggio di Monti era una semplice constatazione: il posto fisso non esiste più e i giovani devono impegnarsi per trovare strade alternative. Fin qui nulla di sbagliato, il problema del precariato non è nato certo oggi. L’errore dei tecnici è stato quello di scaricare la colpa di ciò esclusivamente su noi giovani affidandoci nomignoli come bamboccioni o peggio, sfigati . Ovviamente se queste frasi le dici avendo la poltrona sotto il culo da 50 anni puoi causare qualche malumore soprattutto se fai di tutto per non assumerti le tue responsabilità. Il governo deve fare in modo che i giovani possano trovare delle strade alternative. Certo il mondo sta cambiando, è un dato di fatto, e noi dobbiamo cambiare mentalità (questo è il vero messaggio ed è la semplice constatazione di un qualunque realista) ma con noi dovrebbe farlo anche il nostro paese ancora troppo legato ai vecchi sistemi e vittima di una gerontocrazia dominante che tiene i giovani lontani dai ruoli chiave. Vengono proposte nuove iniziative, ma hanno sempre il piccolo problema di essere incomplete e risultare nient’altro che progetti campati per aria senza alcun fine. Per esempio, ora puoi aprire un’impresa con un euro di capitale e senza notaio, ma manca comunque la parte dei finanziamenti in quanto le porte del credito continuano a rimanere chiuse. Questo è un altro argomento scottante, in quanto il credito ti è concesso solo se offri le prove di una certa solidità economica, che nella maggior parte dei casi significa posto fisso. Quindi basta dar la colpa esclusivamente a noi, è l’Italia intera che deve cercare strade alternative per andare avanti e modernizzarsi. Bisogna invertire la tendenza e permettere a noi giovani di credere nel nostro paese invece che metterci sulle spalle tutti gli errori del passato. Io voglio credere nel mio paese ma mi trovo sempre più spesso ad odiarlo, in quanto non esiste l’equità ma solo il moralismo (fatto anche male) e nel quale la meritocrazia è andata a farsi fottere da tempo immemorabile. E’ per questo che dobbiamo lottare, per fare in modo che il nostro paese ci aiuti ad affrontare i cambiamenti e cambi con noi lasciandosi alle spalle un sistema ormai marcio, e non per cose che volenti o nolenti non esistono più. Comunque se proprio non abbiamo voglia di sbatterci per cambiare le cose, affidiamoci alle parole di un Celentano in veste di Messia che ha detto:“ c’è qualcos’altro dopo di cui i preti non parlano, questa non è vita, che cazzo di vita è senno” ha ragione, non preoccupatevi, sotto terra non ci sono tutti questi problemi.
Author:
Beppe
Label:
giovani,
governo tecnico,
monti,
politica,
posto fisso