Sono qui seduto nella carrozza numero 4 del regionale diretto a Ravenna, e sto platealmente perdendo la battaglia col mio zaino per il quale non trovo nemmeno uno spazio a causa dell’enorme numero di valigie che appartengono al mio vicino. E va bene, stavolta hai vinto tu, vieni in braccio insieme al giubbotto. Mi guardo un po’ intorno e realizzo che il treno è una full immersion antropologica, pari almeno a quella che si può avere in un centro commerciale il giorno della vigilia di Natale. Davanti a me c’è un vecchietto con le cuffie nelle orecchie, ha scambiato solo poche frasi con la moglie al suo fianco e tiene il tempo con le dita dandosi dei colpetti sulla gamba. Mentre cerco di indovinare la musica che sta ascoltando, mi concentro su una ragazza seduta due file più avanti. E’ bionda con gli occhi marroni, indossa una maglietta bianca col simbolo della pace e continua a fissare il paesaggio oltre il vetro opaco del finestrino, ha lo sguardo triste e pensieroso. Le cause potrebbero essere migliaia e la mia mente scontata in un primo momento mi induce a pensare ad un litigio con il ragazzo o qualche altro affare che ti rovina la giornata quando hai più o meno 18 anni. Non mi lascio sopraffare così e allora mi convinco che qualche sera fa, a tavola coi suoi, ha confessato di avere un debole per le sue amiche: la madre ha dato di matto e il padre, per tutta risposta, ha abbassato lo sguardo e alzato il volume della tv come se avesse paura che, l’immagine di sua figlia che tocca le parti intime di quella sua amica così carina, potesse essere in qualche modo percepita dalla moglie. Ma forse sto correndo troppo con la fantasia (ma soprattutto andrei ad affrontare un argomento troppo grande sul quale sono stato istruito in modo distorto da youporn) e quel tatuaggio che ha sul polso non è frutto di una qualche protesta ma solo il segno di una moda, allora cambio soggetto e, al fianco di un uomo grassoccio che legge e sottolinea il sole 24ore con gli occhi arrossati per lo sforzo, osservo un'altra ragazza. Ha i capelli neri e gli occhi azzurri come a dire hey, guardami, sono qui solo per farti impazzire! Le cuffie bianche dell’ipod spariscono all’interno di un cappottino nero mentre muove le labbra belle e mute seguendo le note che le accarezzano le orecchie. Distolgo lo sguardo dalla camicetta bianca (le cosiddette zinne) per tornare a guardare fuori, il treno che corre e noi fermi al suo interno ad aspettare, ecco, adesso ricominci con la filosofia?,devo farlo, ma stavolta sono meno convinto,quindi torno a fissarle il viso, ci ricasco. Ti incrocio per un istante e fulminea mi catturi, sono un bersaglio troppo facile, un cecchino alle prese con una montagna farebbe più fatica. Altro che metafore, siamo in viaggio baby, potrei tirar fuori dallo zaino una chitarra e suonarti una canzone, e se hai un altro?, probabilmente è proprio quel tipo seduto di fronte a te, ma non lo saprò mai e allora non dico niente, meglio aspettarci in silenzio. Maledetto treno, sono bloccato, vorrei darti il meglio di me, farmi valere, ma non so neanche come ti chiami. Ti fai fermare da una valigia? Mi son fatto fermare da molto meno, ma cosa posso fare se non tentare di prolungare questo momento? So solo che dopo inventerò più di una scusa ma non fa niente,osservaci da fuori, siamo lo stereotipo di una coppia sposata in giro per negozi. Sento che hai già letto quel che penso e allora rimaniamo d’accordo, appena scendo giuro che non mi volterò per vederti correre via, ma tornerò a casa a pensare che ero con te, immerso nelle campagne soleggiate, e non facevamo altro che star fermi, mentre tutto fuori scorreva veloce, la più banale delle poesie, un occhio del ciclone piacevole come una mattina d’estate, triste come un albero d’inverno...una voce mi informa di essere arrivato a destinazione … con 10 minuti di ritardo.
A pensarci..
RispondiElimina"Mi son fatta fermare da molto meno"
ma son riuscita a superare molto più.